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La libertà è blu

Quando avevo circa 17 anni ho visto il film che dà il titolo a questo post, in questo caso “La libertà è blu”, film diretto dal maestro Krzysztof Kieslowski, che fa parte di una trilogia basata sui colori della Francia bandiera e che segna il bicentenario della caduta della Bastiglia.

E di cosa parla il film? Ha a che fare con la morte e la fine. Due parole che ci accompagnano quotidianamente. Il capolavoro ritrae la vita di Julie (Juliette Binoche, per me una delle migliori attrici al mondo) che, dopo aver perso il marito e la figlia, decide di rinunciare a tutto ciò che le ricorda la sua vecchia vita e scompare letteralmente. Ricominciare da zero.

Ad un certo punto del film Julie sta camminando per le strade, dominata dall'angoscia e dalla solitudine, mentre supera un muro ruvido si strofina la mano finché non sente la carne cruda e il sangue gocciolare. La scena è emblematica. Ha bisogno del dolore per sentirsi viva. Scopri dove ti trovi.

La vita è così. Succedono cose, e qui intendo quelle brutte, e siamo un po' disorientati e non sappiamo dove andare né cosa fare. E poi entra in gioco la scena della mano sul muro. Il dolore aiuta. Giorni dopo guardiamo indietro e li ringraziamo per averci negato. Ebbene, sarebbe un errore.

Se la libertà è blu, non lo so. Ma, visto che parliamo di libertà, concludo questo testo con una citazione di Simone de Beauvoir: “Non cerco la felicità, perché paralizza le persone, vivo per la libertà, è ciò che dovremmo perseguire”.

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