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Disparatada: Viva le madri dei travestiti! Vivo!

A volte la settimana inizia bene. Intendo le notizie. Ci sono cose che accadono che vale la pena conoscere. Una di queste è stata la decisione di a madre di denunciare l'umiliazione che subisce quando va a trovare in carcere la figlia travestita. Il video è stato postato qualche tempo fa su YouTube, ma l'ho ricevuto online solo in questi giorni.

Oltre alla solita derisione, dicendo che non doveva andare a trovare "un figlio travestito", hanno buttato via il cibo che aveva portato via, dicendo: "perché preoccuparsi così tanto, se è solo un travestito?!" La madre ha deciso di non accettarlo.

Avreste mai immaginato se tutte le madri, travestite o meno, decidessero di denunciare il pregiudizio che subiscono per non avere i figli che la società sognava?

Un'altra madre che mi ha reso orgoglioso è stata quella di Ragazza lesbica di 20 anni a cui è stata rasata la testa e rotto i denti dalla madre della sua ragazza che, quando ho scoperto la sua storia d'amore con la figlia, non l'ha accettata. La madre della giovane aggredita non è rimasta in silenzio di fronte alle minacce di morte e si è recata in questura per depositare la denuncia insieme alla figlia.

Avreste mai immaginato se tutte le madri di figlie e figli violentati per omofobia andassero con loro in questura a sporgere denuncia?

Senza ingenuità, forse ciò di cui abbiamo bisogno per affrontare con più forza queste realtà quotidiane di violenza è guardare alle strategie che le persone hanno adottato di fronte a questo terribile problema sociale.

Naturalmente, la televisione non sempre pubblicizzerà, ascolterà le vittime o mostrerà la denuncia. Nemmeno la Questura accetterà di registrare subito le violenze (solo chi ha provato a sporgere denuncia per omofobia sa cosa subisce davanti alla polizia).

Ma queste madri hanno dimostrato che, per quanto piccole siano le persone di fronte all’aggressività, apparentemente impotenti, non possiamo accettare in silenzio ciò che non approviamo. Questo potrebbe essere visto come un insegnamento che di per sé non porta nulla di innovativo. Ma forse la notizia è proprio questa: non possiamo credere che quello che già sappiamo non sia la cosa migliore da fare. La denuncia può ancora essere il primo passo contro la violenza.

Ma molti insistono nel chiedersi: "Che senso ha denunciare?" Penso che la denuncia sia un altro tipo di visibilità del reato che tutti già sanno che sta accadendo/è avvenuto. Il reclamo attribuisce quasi sempre uno status di contestazione, di rifiuto, di non conformità a quanto prima ritenevamo normale. Raccontare, dire, realizzarlo, chiamare la TV, andare in questura, parlare con la stampa, provocarlo, postarlo su internet... sono atteggiamenti nobili di fronte a ciò che ci affligge.

Tutte le immagini, le reazioni, il movimento intorno alla critica all'idea che "è sempre stato così", "il mondo non ha davvero alcuna via d'uscita", "ma ha fatto qualcosa per meritarselo", mi sembrano fondamentali per generare trasformazioni maggiori, più radicali dal punto di vista della rapida costruzione di un altro mondo possibile.

In un'epoca di tanta informazione, di "comunicazione in vena", come ho sentito dire da un amico, ciò che conta è pubblicizzare le reazioni alla violenza, e non la violenza stessa. Abbiamo bisogno di buone notizie, anche se buone solo in parte. Perché non possiamo pensare che il mondo sia una bellezza, una meraviglia, che siamo protetti e che le disgrazie accadano più facilmente agli altri che a noi.

D'altra parte, non puoi semplicemente assorbire tutto ciò che è male. Dobbiamo essere sufficientemente intelligenti e pieni di speranza per imparare a reagire in modo intelligente a coloro che reagiscono senza riprodurre aggressività, senza investire in "occhio per occhio e dente per dente".

Penso che queste due donne che hanno denunciato la violenza omofobica (transfobica e lesbofobica per chi preferisce) ci permettano anche di espandere il concetto di madre a nozioni più ampie rispetto alla semplice colei santificata che sente e soffre tutto in silenzio.

Qui non si tratta di riprodurre come naturali le false idee del "solo amore materno" o dell'"istinto materno", perché sappiamo già che non lo sono. Le madri umiliano anche altre madri per i figli che hanno, rompono i denti alle amiche delle loro figlie – figlie di altre madri… A loro, poi, involontariamente, viene anche la depressione postpartum. Meritano cure. Non sono nati per amare, semplicemente.

Ciò che dobbiamo fare è pubblicizzare che, se c’è violenza e crudeltà, c’è anche solidarietà, coraggio, forza e resistenza. Viva le madri dei travestiti! Vivo! Lunga vita alle mamme lesbiche! Vivo! Soprattutto coloro che difendono i propri figli e figlie, anche se per farlo si pongono contro lo Stato e la società. Anche se mettono a rischio la propria vita. E possiamo riconoscerle come grandi donne, del resto, quando fanno questo per i loro figli, lo fanno anche per noi; O qualcuno pensa che il mondo non stesse meglio con la loro esistenza?

*Tiago Duque è un sociologo e ha esperienza come educatore in diversi ambiti, dalla formazione degli insegnanti all'educazione sociale di strada. Milita no Identidade – Gruppo di lotta per la diversità sessuale. Gli piace pensare e agire con chi vuole fare qualcosa di nuovo, alla ricerca di un altro mondo possibile.

 

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