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Renato Russo è morto dieci anni fa e ha lasciato una legione di orfani in tutto il Brasile

“Penso che mi piaccia S. Paolo E mi piace S. João Mi piace S. Francisco E S. Sebastião E mi piacciono i ragazzi e le ragazze” La mattina dell'11 ottobre 1996, in ogni angolo del Brasile, una legione urbana piangeva la morte del proprio leader. I giovani si sentirono orfani e il rock nazionale perse la sua più grande stella. Sono trascorsi dieci anni dalla prematura scomparsa di Renato Russo e dall'inesorabile fine della band Legião Urbana. Mai, nelle terre di Tupiniquin, si sono visti tifosi così fervidi (la parola più corretta è, forse, followers). Il nome della band rifletteva esattamente il comportamento dell'immenso seguito di estimatori che Renato Russo e i suoi scagnozzi hanno raccolto in oltre un decennio di successi. La band ha pubblicato quattro album e molti brani sono diventati la colonna sonora della vita di tanti giovani e adolescenti. “Será”, “Geração Coca-cola”, “Teorema”, “Eduardo e Mônica”, “Faroeste Caboclo”, “Pais e Filhos”, “Meninos e Meninas”… I successi si susseguono. Renato Russo ha cantato di libertà e di fine del pregiudizio, nelle sue più svariate sfaccettature, senza però ammettere di fatto la propria omosessualità. Una volta dichiarò che “gli artisti non fanno sesso”. Alcuni ritengono che il compositore abbia contribuito a formare una generazione più tollerante. Per molti gay, però, il fatto che Renato Russo non abbia mai parlato apertamente del suo orientamento sessuale non ha portato grandi benefici in questo senso. Come a Cazuza, anche con Renato Russo l'HIV si è rivelato implacabile. Entrambi subirono gli effetti devastanti del retrovirus e finirono per soccombere. Probabilmente la più grande impresa di Renato Russo è stata quella di dare voce ai desideri dei giovani; parlano la loro lingua. Un'intera generazione (“generazione coca-cola”) è cresciuta con i versi del Trovatore Solitario e ha pianto la sua morte e il silenzio postumo del grande cantante e compositore.

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